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La Contraffazione in materia di imballaggi omologati ONU

Data pubblicazione 17/09/2020

Molto spesso si sente utilizzare il termine di “contraffazione”, talvolta in modo appropriato, in altri casi in modo non corretto.
Nel presente approfondimento si vuole tentare di porre un minimo di chiarezza su questo tema di non semplice trattazione e di ridotta conoscenza, soprattutto in un ambito molto settoriale come quello degli imballaggi omologati ONU.

La contraffazione intesa, di fatto, in azioni finalizzate a realizzare beni che imitano le caratteristiche esteriori di un altro bene e, in diritto, quale illegittima violazione dei diritti della proprietà industriale (ovvero dei marchi di fabbrica e di commercio, dei brevetti, delle indicazioni geografiche, del disegno industriale)- è uno dei fenomeni maggiormente diffusi a livello globale che colpisce indiscriminatamente tutti i settori merceologici: dalla moda agli alimenti, dai medicinali ai supporti digitali (DVD / CD), solo per citarne alcuni.

L’esperienza professionale dello Studio ha individuato, di recente e purtroppo, gravi e plurimi fatti di contraffazione anche nell’ambito di imballaggi in cartone per il trasporto di merci o sostanze pericolose.

È noto agli operatori di settore che, salvo casi particolari, gli imballi devono essere per legge necessariamente e specificamente omologati ONU ciò significa che ogni singolo imballaggio ha superato, da parte di qualificati Enti Certificatori, tutti i test di qualità, conformità e di sicurezza specificatamente richiesti dai regolamenti (ADR, RID, ADN, IMDG e ICAO-TI / IATA), ottenendo il test report ed il certificato di omologazione e, a riprova dell’avvenuta ed effettiva omologazione del prodotto, il relativo marchio di omologazione.

Su ciascun imballaggio deve rinvenirsi il marchio di omologazione ONU che, sempre in aderenza alla normativa, deve necessariamente essere costituito dal simbolo ONU per gli imballaggi che permette di riconoscere che l’imballo corrisponde alla normativa ONU per il trasporto delle merci pericolose, seguito da una serie di codici alfanumerici che indicano il tipo di packaging, il materiale di costruzione, le principali caratteristiche tecniche del prodotto, l’anno di fabbricazione, il paese in cui è stato certificato e da un numero di registrazione dell’omologazione comprendente un codice per l’identificazione del fabbricante e dell’imballaggio stesso.

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La presenza e l’esattezza di ognuno di tali codici è indiscutibilmente necessaria e vincolante acchè un prodotto possa dirsi o, al contrario, non dirsi omologato.

Come anticipato, non mancano i casi in cui uno o più elementi riportati sul marchio vengano indebitamente riprodotti e i beni contraffatti vengano di seguito commercializzati anche attraverso siti internet e l’e-commerce.

L'esempio più comune

L’esempio più comune di contraffazione nell’ambito degli imballaggi in cartone omologati ONU si riscontra laddove lo stesso committente richiede allo scatolificio solitamente poco noto sul mercato la riproduzione a stampa, totale o parziale, di marchi presenti su altri imballaggi regolarmente omologati.

I soggetti coinvolti nella contraffazione sono quindi

Soggetti 1 2 3
Descrizione Il titolare dell'omologazione e produttore autorizzato Il committente dell'imballaggio Un produttore qualsiasi non autorizzato
Attività (il titolare subisce l'accaduto e non sa e può fare nulla se non denunciare l'accaduto alle Autorità competenti) Commissiona l'imballaggio al soggetto 3 chiedendo la riproduzione a stampa di specifici marchi di omologazione appartenenti al soggetto 1  Produce su richiesta del soggetto 2 marchi contraffatti


Ciò comporta non solo danni alle imprese che operano nella legalità connessi alle mancate vendite, alla riduzione del fatturato, alla perdita di immagine e di credibilità, alle rilevanti spese sostenute per la tutela dei diritti di privativa industriale ma altresì un pericolo per la sicurezza dell’utente finale che a fatica percepisce la nocività di un fenomeno subdolo, venendo esposto all’utilizzo di beni non omologati e quindi non conformi alla normativa oltre che verosimilmente prodotti con materiali di minor pregio e robustezza o comunque con caratteristiche tecniche diverse da quelle certificate. Basti solo pensare che il produttore dell’imballaggio deve fornire all’utilizzatore chiare istruzioni di utilizzo oltre al certificato di omologazione ONU ed il test report. Infine, il produttore dell’imballaggio esterno, deve sottostare ai controlli di produzione periodici secondo quanto previsto dai corrispondenti regolamenti.

In assenza di questi ultimi presupposti, l’imballaggio si presenta inefficace.

Come si scoprono le contraffazioni negli imballaggi di merci pericolose

Non è infrequente che il titolare dell’omologazione/produttore regolarmente autorizzato venga a conoscenza della contraffazione del proprio prodotto.

Da tempo, infatti, gli enti a ciò preposti hanno intensificato i controlli sugli imballaggi delle merci affidate ai trasportatori per le consegne, al fine di accertarne la regolarità e idoneità secondo la normativa vigente in materia di omologazione ONU. In tale contesto gli ispettori, per poter verificare la correttezza dell’imballaggio e la sicurezza del trasporto, richiedono direttamente all’ente certificatore e al titolare dell’omologazione tutti i documenti relativi alla avvenuta attestazione (certificato di omologazione ONU, fotografie e report interni) oltre alla prova di avvenuto passaggio delle informazioni di utilizzo (come richiesto dai regolamenti) avvenuta tra il fornitore dell’imballaggio e l’utilizzatore è il caso di ricordare che è prevista una sanzione amministrativa da 500 a 10.000 euro in capo a colui che accetta, senza averne prima accertata la legittima provenienza, cose che per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. Diventa sempre più semplice per i produttori “in regola” avere notifiche di imballaggi prodotti impropriamente.

La normativa di riferimento

Data l’importanza della materia, il legislatore sia comunitario che nazionale è corso ai ripari, normando l’illecito di contraffazione attraverso un apparato normativo e sanzionatorio che ha rilevanza civile, penale ed amministrativa.

Civilmente, la salvaguardia attribuisce al titolare di inibire in via urgente tutte le attività aventi ad oggetto l’utilizzazione di marchi e modelli, nonché la commercializzazione dei relativi prodotti con diritto del titolare al risarcimento di tutti i danni conseguenti a tali attività illecite.

Penalmente, l’art. 474 del codice penale  posto a tutela del bene giuridico della fede pubblica punisce coloro i quali commercializzano o, comunque, mettono in circolazione i prodotti contraffatti “con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000”.

E ancora l’art.517 ter c.p. posto a tutela del bene giuridico del patrimonio del titolare della proprietà industriale- punisce “chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, fabbrica o adopera industrialmente oggetti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000”.

In ogni caso si procede alla confisca dei prodotti contraffatti. 

In recenti casi, la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Roma ha disposto il divieto di vendita, il ritiro dal commercio ed il sequestro dei prodotti contraffatti, esponendo, tra l’altro, alcuni rivenditori al pagamento delle relative spese legali nonché a possibili azioni risarcitorie nel merito, derivanti dalle constatate violazioni.

Si aggiunge che l’art. 2598 n. 1 del Codice civile qualifica “atto di concorrenza sleale”, pure l’“imitazione servile”, cioè “la riproduzione di caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, idonee, in virtù della loro capacità distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa” (ex multis Cass. Civ. 3967/2004, 29775/2008, 1062/2006). Ciò vale a dire che vendere prodotti palesemente copiati dall’autore, al di là dell’esistenza di marchi o modelli registrati, costituisce atto illegittimo di concorrenza sleale.

Come chiarisce la giurisprudenza di merito, l’art. 2598 del Codice civile n. 1 fornisce, infatti, protezione pure ai prodotti non specificatamente coperti da un titolo di proprietà industriale, dal momento che qualifica come “atti di concorrenza sleale una serie di condotte accomunate dalla potenzialità confusoria, idonee cioè a produrre confusione con i prodotti e le attività di un concorrente. Tra le ipotesi previste dalla norma vi è appunto l’imitazione servile dei prodotti di un concorrente, ossia l’imitazione pedissequa dell’altrui prodotto” (Trib. Torino sez. Impresa, 1809/2016 del 1 aprile 2016). La Suprema Corte specifica che “in tema di concorrenza sleale, costituisce imitazione rilevante, ai fini della concorrenza sleale per confondibilità, la riproduzione di una forma del prodotto altrui, che cada sulle caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, e dunque idonee, proprio in virtù della loro capacità distintiva, a ricollegare il prodotto a una determinata impresa, imprimendosi nella mente dei consumatori” (Cass. Civ., sez. I, 26/11/2008 n. 28215).

Diritti, responsabilità e sanzioni dei vari soggetti coinvolti

Ricapitolando attraverso una tabella riassuntiva:

Soggetti 1 2 3
Descrizione Il titolare dell’omologazione e produttore autorizzato

Il committente dell’imballaggio

Un produttore qualsiasi non autorizzato

Diritti Inibire in via urgente tutte le attività di contraffazione e distribuzione e risarcimento di tutti i danni conseguenti a tali attività illecite
Responsabilità e sanzioni “Reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000” (art. 474 c.p.) o “reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000” (art.517 ter c.p.), oltre al risarcimento dei danni al soggetto 1). Reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000” (art. 474 c.p.) o “reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000” (art.517 ter c.p.), oltre al risarcimento dei danni al soggetto 1).

 

La catena dei soggetti coinvolti nella materia in oggetto, come visto, è ampia e capillarmente controllata dagli organi a ciò preposti Guardia di Finanza, Agenzia del Dogane etc., come documenta la copiosa giurisprudenza sul tema. Tra le tante, il Tribunale di Firenze (19 luglio 2017) ha, ad esempio, precisato che “sono responsabili della contraffazione tutti coloro che contribuiscono alla diffusione del prodotto contraffatto, compreso il venditore in buona fede, che non può essere manlevato dal produttore”.

Da quanto sopra, può trarsi la conclusione in forza della quale tutti i soggetti coinvolti nella produzione e nell’utilizzo di imballi debbono, al fine di evitare potenziali lesive conseguenze, operare professionalmente con legalità e correttezza.

Avv. Germano Margiotta

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